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cambiamenti

5/6/2020

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Chi ha figli lo ricorderà.
Ricorderà chi in un impeto di autoaffermazione considerava la nascita di un figlio come un evento che tutto sommato non potesse o dovesse modificare in modo sostanziale la vita.

Si certo, tutti apparentemente sanno e dichiarano di rendersi conto della complessità e dei doveri che questo comporti, ma nessuno evidentemente ne ha ancora una pratica per ovvia impossibilità. Non vale avere fatto gli zii per un pomeriggio od un weekend lungo; e questo perchè lo sgravio evidente di responsabilità di questi ruoli lasciano nascoste tutte le pieghe del quotidiano e se questo non bastasse, del giusto dovere educativo.

Siamo partiti in quarta, e giustamente direi, allo stesso modo di come la presenza di un bambino si presenta nelle vite dei genitori. E’ un tutto o niente, non si può contrattare.

E’ un po’ improvviso come il Covid.

E’ un po’ improvviso come la diagnosi di una malattia neurodegenerativa.

I neogenitori sono giustamente entusiasti, ancora intrisi di soggettività ma proiettati verso un futuro comune, moltiplicato e fatto di tutto l’amore del mondo...e meno male considerando che questa è la giusta visione da avere. 

I vecchi nella loro saggezza ci riportano alla distanza marittima per dividere la teoria dalla pratica ed i freschi genitori se ne accorgono rapidamente con la realtà dettata da altro e non da se stessi; qui probabilmente si inizia a vedere in lontananza una divisione, una scissione, una linea di demarcazione tra quella soffice idea e le palpebre pesanti dei risvegli notturni. 

E tutto parte al cento per cento, non c’è un allenamento vero e proprio che si possa fare prima a parte lo yoga o la meditazione.

Ci sono molte situazioni che si affrontano che hanno queste caratteristiche, non solamente la genitorialità, ma tutte quelle condizioni che ci richiedono un cambiamento rapido, un adeguamento ma attenzione: non per cambiare il posto numerato al cinema, ma per la sopravvivenza.

Perchè di questo si tratta. 

Non voglio metterla sul drammatico, ma la nostra vita in termini di evoluzione non è strutturata per vivere, ma per sopravvivere (e ringrazio non so più chi per la citazione) ed adeguarci alla situazione contingente e quindi cambiare comportamento.

Questa spinta al cambiamento deve avere una reale e forte motivazione che in tempi passati non ci abbandonava mai ma che, più di recente, si è nascosta in favore dell’idea di poter esercitare un controllo su tutto perchè protetti da tecnologia, scienza, medicina…

Ora molte persone sono inadatte, o non più adatte, a percepire se stesse come  transitorie od in balia di possibili eventi esterni, infatti  le informazioni costantemente riportate dai media in realtà non sono così reali se non ci toccano in prima persona.

Ma il Covid ci tocca e le malattia neurodegenerative così come innumerevoli altre patologie toccano direttamente e dobbiamo farcene qualcosa altrimenti saranno queste condizioni a gestirci.

Non mi interessa pensare al cambiamento come ad una benedizione e non penso che tutto debba essere vissuto con l’ottimismo della promessa di una maturazione spirituale futura; ma la capacità di cambiare abitudine, idea e comportamento diventa la chiave per far fronte alle difficoltà, anche a quelle apparentemente insormontabili.

Ma ho sbagliato.

Non bisogna sor-montare niente, si deve scendere a patti con le nostre idee e convinzioni precedenti, con i nostri sogni e cercarne altri o altre soddisfazioni.

E’ un lavoraccio, e quando non si è da soli a doverlo fare, ma i sogni a cui rinunciare si sommano a quelli di persone importanti per noi può diventare anche autodistruttivo.

La cosa a tratti divertente è che una volta gli uomini primitivi, ritenuti erroneamente meno evoluti, affrontavano cambiamenti e rischi ogni giorno, cercando di adeguarsi ad una natura prevalente e molto spesso minacciosa, vivendo nel rischio costante e nella quasi totale incertezza  circa il proprio e l’altrui futuro.

Che cosa abbiamo perso rispetto a loro? Ma non solo.

Che cosa abbiamo perso rispetto ai nostri nonni che hanno vissuto giovinezze di guerra e che comunque non hanno mai perso lo spirito e la spinta vitale?

Quella cosa è la stessa che, se persa, ci impedisce di adeguarci alla genitorialità, al Covid, alla malattia e che ci impedisce di crescere e di affrontare responsabilmente una qualsiasi situazione, anche la più difficile. Non ne faccio un discorso religioso, ma di fede e di rispetto che noi ci dobbiamo e che se abbiamo nei nostri confronti dobbiamo avere anche per gli altri. 

Dobbiamo ritornare a crescere e a diventare grandi.


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